di Daniele Biella (Vita, 14/06/2013)
Intervista alla neoministra, che lancia le sue priorità per rafforzare l’esperienza che in 12 anni ha fatto partire 300mila giovani, ma che ora è in crisi a causa dei tagli dei precedenti governi.
A Palermo, il 23 maggio scorso, nella manifestazione in memoria dei giudici Falcone e Borsellino ha portato assieme ai giovani lo striscione del Scn, Servizio civile nazionale. Otto giorni dopo ha chiesto di incontrare in via informale i componenti della Consulta nazionale. Oggi, 14 giugno, per Josefa Idem, 48 anni, neoministra di Pari opportunità, Sport e Politiche giovanili, arriva la prima intervista ufficiale sul tema (più che spinoso, perché a rischio chiusura dopo i tagli ai fondi attuati dai precedenti governi), affidata a Vita, testata che in passato l’aveva già intervistata quando, da campionessa olimpionica, era testimonial di Aism, Associazione italiana sclerosi multipla, e dell’Unione sportiva delle Acli.
Ministra (il sostantivo al femminile è un suo punto fermo, ndr) Idem, il Servizio civile nazionale al punto più basso dei suoi 12 anni di storia. Chiuderà bottega?
No, è mia intenzione rafforzarlo e rilanciarlo, sia a livello nazionale che internazionale. Stiamo parlando di un istituto finalizzato alla difesa della Patria con mezzi ed attività non militari, che nel tempo è divenuto anche un’importante occasione di formazione mirata alla crescita personale e professionale per i giovani che hanno l’opportunità di partecipare alla vita collettiva, di essere utili a se stessi ed agli altri. A oggi sono 300mila i giovani che hanno svolto il Scn, coinvolgendo oltre 14mila enti pubblici e privati con 15mila progetti in Italia e all’estero: tuttavia, è evidente che negli ultimi anni le risorse destinate al Servizio Civile siano state oggetto di consistenti e continue decurtazioni, fino alla mancata pubblicazione del Bando ordinario per la selezione dei volontari nell’anno 2012.
Come pensa di far ripartire il Scn?
A fronte di questa grave situazione, il mio primo impegno è stato il reperimento di risorse aggiuntive, oltre i 62 milioni di euro già a disposizione, per consentire di pubblicare un Bando volontari per il 2013 pari a circa 15mila unità, più 450 all’estero. Tale bando sarà lanciato cono ogni probabilità nei primi giorni di settembre 2013, per evitare che la loro pubblicazione ricada in piena estate. Sarà poi mia cura adoperarmi in sede di predisposizione della legge di stabilità per l’anno 2014 affinché si possa ottenere un’integrazione degli attuali stanziamenti programmati per il 2014 e il 2015, pari a circa 76 milioni di euro, compatibilmente con le difficoltà finanziarie del Paese. Oltre all’impegno economico, è però urgente una riforma generale del Scn, a 12 anni dalla legge 64 del 2001, oggi inadeguata rispetto ai nuovi scenari disegnati dalla globalizzazione, dalla crisi e dal processo di unione europea
Che tipo di riforma ha in mente?
La nuova normativa del Servizio civile nazionale dovrà affrontare criticità vecchie e nuove. Le prime emerse durante il periodo di applicazione in questi dodici anni e le seconde poste in rilievo in modo preponderante dall’attuale crisi. In particolare, tra i vari aspetti su cui mi batterò, voglio che venga definito un contingente minimo di volontari su base annua, che si faccia chiarezza sulla partecipazione dei cittadini comunitari e non comunitari al servizio civile e che tutti i volontari abbiano un proprio status giuridico.
Il ministro del Lavoro di recente ha ribadito l’importanza del servizio civile nell’ottica della formazione post scolastica e nella lotta alla dispersione, sulla scia del modello francese. Cosa ne pensa?
Sono d’accordo, le esperienze che i giovani maturano nel Scn devono essere valorizzate nell’ambito dei processi formativi dei giovani e nel mercato del lavoro. Per quanto riguarda i riferimenti europei, comunque, non dobbiamo dimenticare che siamo il primo Paese della Ue sia per l’entità del fenomeno che per la data di nascita del servizio civile su base volontaria: la Francia infatti vi è giunta nel 2006, mentre la Germania ha effettuato i primi avvii solo nel 2011. La riforma del Scn potrà attingere da altri modelli, ma dovrà porsi l’obiettivo di inserire tale istituto nel quadro europeo per creare una vera cittadinanza europea.
Prima dell’attuazione della riforma, che necessita un passaggio parlamentare, ha pensato ad altre azioni più immediate, oltre alla questione della stabilizzazione dei fondi?
Sì. Necessariamente il varo della riforma si colloca sul medio periodo, ma sul breve periodo si può già lavorare: oltre alla questione finanziaria intendo promuovere l’adozione di accorgimenti per migliorare la qualità degli interventi attraverso nuove linee di monitoraggio dei progetti e l’analisi dei risultati raggiunti, con focus sui giovani e sui beneficiari diretti degli stessi.
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